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L'epoca napoleonica e la Restaurazione

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In Lombardia, il 1802 segnò una svolta. Il nuovo potere napoleonico privilegiò i ceti possidenti delle maggiori città, istituendovi, nella fascia dello studentato filosofico, una scuola nuova, statale, laica, a forte indirizzo scientifico-sperimentale: il liceo.

Si trattava, ovviamente, dell’analogo del lycée francese. Esso, come già lo studentato filosofico austriaco, si distingueva dal ginnasio per il maggior numero di cattedre e per la conseguente maggior specializzazione degli insegnamenti. Al ginnasio, un singolo docente insegnava per ciascun grado degli studi: per esempio, il docente di grammatica insegnava anche storia, geografia, aritmetica; al liceo, invece, gli insegnamenti erano specialistici, per materia, e preludevano all’università. Inoltre, sia nei ginnasi, sia nei licei, potevano essere istituite cattedre universitarie, con la clausola che a un anno d’università corrispondesse un biennio ginnasiale o liceale.

Così, entrambi i tipi di scuola si configuravano in parte come propedeutici, in parte come sostitutivi dell’università, cui però restava il potere esclusivo di rilasciare la laurea, cioè il titolo di dottore. La legge napoleonica del 1802 non intervenne sui ginnasi, che conservarono fisionomie variabili da luogo a luogo ma furono abbandonati alle magre finanze comunali, perciò non poterono mai istituire le cattedre universitarie consentite dalla legge. Le successive leggi napoleoniche, del 1805 e del 1807, interessarono solo i licei, che furono progressivamente potenziati, finché, nel 1811, si decise di subordinare ad essi i ginnasi, ridotti a un ciclo quadriennale.

Tutto cambiò a partire dal 1814, quando le truppe austriache rioccuparono la Lombardia. Sulle prime, nell’ambito dell’organizzazione degli studi, la restaurazione fu morbida, ma trovò presto compimento nel nuovo Codice ginnasiale austriaco, che nel Regno Lombardo-Veneto entrò in vigore nel 1818. Esso prevedeva un ginnasio di sei anni, comprendente un quadriennio di grammatica e un biennio di umanità. L’insegnamento del latino, accanto a quello dell’italiano, vi avrebbe svolto una funzione portante, come paradigma di ogni altro studio linguistico. A conferire ulteriore rigore nell’impianto umanistico del ginnasio avrebbe dovuto essere l’insegnamento del greco, fin dal primo anno di grammatica. Un posto importante sarebbe spettato anche alla storia, alla geografia e alla religione, quest’ultima affidata alle cure d’un catechista. Le discipline scientifiche, pur classificate come secondarie, avrebbero conosciuto nel ginnasio lombardo-veneto un ruolo sconosciuto fino ad allora, anche nei ginnasi napoleonici, dove tutto si limitava a qualche nozione elementare di aritmetica. Il Codice ginnasiale austriaco, invece, prevedeva un insegnamento della matematica comprendente algebra elementare, fisica e storia naturale. Ciò era normale nelle scuole austriache, dove gran parte dei ginnasiali abbandonava gli studi al termine del quadriennio di grammatica per dedicarsi alle professioni di concetto, all’artigianato e al commercio. Insomma, il quadriennio di grammatica austriaco per certi aspetti rappresentava una sorta di scuola media unica non obbligatoria, di indirizzo umanistico e di elevato tenore culturale.

Il Codice ginnasiale di fatto fallì, per varie ragioni. Non tutte le riforme previste poterono essere attuate: nel 1819 il greco scivolò dal primo al terzo anno, e nel 1821 fu limitato al biennio di umanità; la matematica e le scienze slittarono a loro volta nel biennio di umanità. Va tuttavia osservato che il ginnasio, comunque, si diffuse anche nei borghi e divenne una scuola per certi aspetti di massa, frequentata non solo dai figli dei possidenti, ma anche dai figli di artigiani e commercianti, sia all’ingrosso, sia al dettaglio; restavano fuori i figli dei contadini. Per dare un’idea del sovraffollamento dei ginnasi lombardi d’allora, si pensi che, distribuiti in 72 stabilimenti in totale, sommando i pubblici e i privati, nel 1839 si contavano 8000 studenti, addirittura 9000 nel 1848.

I licei, per volontà dell’imperatore Francesco I, furono in massima parte conformati agli istituti filosofici austriaci, che avevano lo scopo di formare la classe dirigente dell’impero asburgico. Nelle città universitarie erano costituiti in facoltà filosofiche e si trovavano negli stessi edifici che ospitavano le università, di cui costituivano il ciclo propedeutico, uguale per tutti. Materia dominante era la matematica, considerata base di ogni sapere. Rispetto ai licei napoleonici, gli istituti filosofici austriaci si distinguevano per l’orientamento più teorico del loro insegnamento, meno pratico-applicativo. In Lombardia però non cambiò gran che, salvo che fu soppressa la cattedra di diritto civile, riservata dagli Austriaci all’università, e furono lasciati decadere gli orti botanici annessi ai licei e ai ginnasi fin dall’età teresiana. Insomma, l’Austria del tempo della restaurazione istituì un insegnamento dogmatico e teorico, culturalmente arretrato non solo rispetto all’età napoleonica, ma anche rispetto all’età del dispotismo illuminato. Tuttavia, potenziando i ginnasi, presenti anche in centri minori, il potere asburgico ebbe il merito di favorire l’accesso della piccola e media borghesia all’istruzione superiore.
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