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«Notizie bomba da Cuba». La stampa occidentale durante la guerra fredda e la crisi dei missili

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In occasione della “Giornata mondiale della libertà di stampa 2012" indetta dall’UNESCO per il 3 maggio, nella settimana dal 2 al 4 maggio alcuni studenti di IV che hanno seguito il LAM di Storia - «Quarto Potere». Storia ed evoluzione della libertà di stampa nell’epoca contemporanea - hanno presentato i loro lavori sul mezzogiorno.

Venerdì 4 maggio 2012, in aula magna, lo studente Martino Pedrazzi ha presentato il suo Lavoro di Maturità dal titolo

«Notizie bomba da Cuba»
La stampa occidentale durante la guerra fredda e la crisi dei missili

 

«Il 14 ottobre del 1962, un aereo da ricognizione statunitense durante un volo di spionaggio scatta fotografie che non lasciano dubbi: a Cuba ci sono missili dotati di testate nucleari. La minaccia atomica sovietica è a 90 miglia dalle coste degli Stati Uniti. La crisi dei missili di Cuba ha inizio.
Si tratta di una crisi che mette a confronto due superpotenze ideologicamente agli antipodi: comunismo sovietico contro capitalismo americano. Una crisi che si scatena dopo che anni di tensioni geopolitiche e un'impressionante corsa agli armamenti hanno alimentato i timori dell'intero pianeta. Cuba, fresca di Rivoluzione e avamposto rosso ai confini della culla del capitalismo, è la scacchiera sulla quale si gioca una partita decisiva e dal futuro più oscuro che mai».

Con queste parole comincia la presentazione di Martino Pedrazzi. La crisi dei missili di Cuba ha rappresentato una dei momenti più delicati del periodo della guerra fredda, in cui il rischio del conflitto atomico diventa realtà. Appena la notizia delle basi missilistiche sovietiche piazzate a Cuba diventa di dominio pubblico - a seguito di un drammatico intervento in diretta televisiva del presidente americano John Fitzgerard Kennedy (che mostriamo in calce alla pagina) - «il nuovo terreno da gioco diventa la stampa mondiale e la guerra mediatica risulta tutt'altro che fredda. Ogni quotidiano risponde a interessi particolari e le linee editoriali seguite sono innumerevoli. Alcuni organi di stampa assumono un atteggiamento più obiettivo possibile, altri adottano una netta posizione filo-statunitense, altri ancora difendono a spada tratta le iniziative sovietiche».

L'analisi delle posizione assunte dai giornali durante la crisi dei missili e all'indomani della sua conclusione pacifica portano a concludere che «la visione obiettiva dell'evento, basata esclusivamente sui fatti, non corrisponde  all'immagine che la contesa assunse agli occhi dell'opinione pubblica, bombardata dalle notizie più contrastanti. La stampa era nella maggior parte dei casi palesemente schierata a fianco dell'una o l'altra causa, con un netto predominio dei giornali filo-americani. La maggioranza dell'opinione pubblica vide di conseguenza l'Unione Sovietica costretta a indietreggiare di fronte al blocco americano. Il ritiro dei missili fu interpretato come un clamoroso cedimento di Kruscev, che improvvisamente perse gran parte della sua credibilità, sia fra i filo-statunitensi, sia fra le fila del suo partito. Sorte avversa fu riservata al suo omologo Kennedy, che uscì rafforzato dalla crisi di ottobre, osannato dalla stampa per la sua caparbietà e la sua fermezza.
A livello ticinese, i giornali assunsero posizione dettate quasi esclusivamente da divisioni ideologiche o locali. La crisi internazionale fu dunque filtrata attraverso lo spettro politico cantonale e l'immagine che ne fuoriuscì fu più che mai variegata. Le testate di destra assunsero un atteggiamento filo-americano, mentre i quotidiani con un orientamento più progressista sostennerro la causa sovietica. Non mancavano però le divisioni interne alle varie posizioni politiche. Il silenzio di «Libera Stampa», giornale del Partito Socialista che durante la crisi si limitò a riportare notizie di agenzia, fu interrotto solamente dal deciso intervento di Werner Carobbio, giovane esponente della corrente “estremista” del partito, relegato però in ultima pagina. Anche fra i quotidiani di destra esisteva qualche differenza: mentre «Corriere del Ticino» adottò una linea molto decisa, «Gazzetta Ticinese» scelse un atteggiamento più sobrio e distaccato.
La crisi dei missili può dunque essere interpretata su due livelli: uno squisitamente oggettivo e che tiene conto unicamente delle conseguenze sul piano strategico della guerra fredda; l'altro basato sull'immagine che la contesa assunse per un'opinione pubblica condizionata dagli organi di stampa. Questa duplice chiave di lettura ci fornisce altrettanti verdetti sul contenzioso cubano. L'obiettiva parità scaturita dalla prima analisi soccombe però sotto la più forte percezione della vittoria di Kennedy diffusa nella massa. L'immagine che è data di un determinato avvenimento storico risulta molto più potente dell'evento stesso e dunque i vincitori della crisi dei missili sono gli Stati Uniti e il loro presidente Kennedy.
Poco importa quale fu la reale conclusione della crisi: il futuro sarebbe stato influenzato dall'immagine che predominava fra l'opinione pubblica. E le conseguenze storiche successive ai giorni di tensione avvalorano questa teoria».

Osserva le prime pagine dei giornali La Stampa e L'Unità (puoi scaricarle in allegato in formato PDF):

Stampa_1962 Unita_1962


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Video

Discorso di J.F. Kennedy si rivolge al popolo americano in diretta televisiva (22 ottobre 1962). © YouTube

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