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Prima pagina, di Billy Wilder

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Prima pagina (The Front Page) è un film del 1974 diretto da Billy Wilder con Jack Lemmon e Walter Matthau.

All’origine del film c’è la famosa opera teatrale di Ben Hecht e Charles Mac Arthur, The Front Page, andata in scena per la prima volta nel 1928 e considerata nel mondo anglosassone la migliore commedia sul mondo dei giornali, più volte adattata per il cinema. Questa è la terza versione, di gran lunga la più corrosiva, diretta da uno dei più significativi registi di Hollywood, Billy Wilder, che ne scrisse anche la sceneggiatura. Si ride molto, ma si ride amaro.

prima_pagina_jlocandinaIl luogo principale in cui si svolge l’azione è la sala stampa della Corte Criminale di Chicago dove un variegato gruppo di giornalisti di varie testate in concorrenza tra loro attende, sbevazzando e giocando a carte, l’imminente impiccagione di un condannato a morte. Inaspettatamente si ritroveranno tutti a doversi occupare di un avvenimento che nessuno aveva previsto: la rocambolesca e tragicomica evasione del condannato, accusato di aver ucciso, in circostanze poco chiare, un poliziotto, in realtà colpevole soprattutto di appartenere a un’organizzazione anarchica (Friends of American Liberty). L’evaso, Earl Williams, finirà per rifugiarsi proprio nella sala stampa, offrendo a uno dei giornalisti l’occasione per un incredibile scoop.

Lo sguardo del regista sul microcosmo della stampa, che costituisce il nucleo centrale del film, è impietoso ed è ben sintetizzato dalla sarcastica opinione espressa da uno di loro, Hildy Johnson, interpretato con la consueta bravura da Jack Lemmon. Johnson, in procinto di sposarsi e di trasferirsi in un’altra città, stuzzicato dai suoi rozzi colleghi, così li apostrofa nel corso di uno dei loro frequenti battibecchi in sala stampa: “Senti chi parla! I giornalisti! Un branco di analfabeti con le pezze al sedere, che spiano dai buchi delle porte e svegliano la gente di notte per chiedergli se hanno visto passare un bruto in mutande! Che rubano alle madri le foto delle figlie violentate nel parco, affinché commesse e mogli di camionisti ci piangano sopra. E poi, il giorno seguente, la prima pagina serve solo per incartare la trippa”. Attraverso il filtro deformante della caricatura, Wilder denuncia la meschinità di una certa stampa, quella più propriamente scandalistica, e la corsa frenetica allo scoop, che finisce per oscurare la dimensione etica del lavoro giornalistico. Ciò vale per tutti i giornalisti del film, ma soprattutto per Walter Burns, il cinico direttore del Chicago Examiner, il giornale per cui lavora Hildy Johnson. Burns, interpretato da Walter Matthau, uno dei più grandi caratteristi del cinema americano, è un geniale mascalzone che passerebbe sul cadavere di sua madre pur di arrivare per primo a dare una notizia, vera o falsa che sia. Quando Johnson gli comunica per telefono cosa sta accadendo, Burns si precipita nel penitenziario, dove non esita a manipolare la realtà pur di non perdere l’esclusiva della notizia. Il bersaglio di Wilder è evidentemente il giornalismo sensazionalistico, basato sulla sistematica amplificazione dei fatti per poter vendere qualche copia in più: Burns è davvero disposto a tutto pur di battere sul tempo la concorrenza.

Ma Wilder non prende di mira solo la stampa. Non si salva quasi nessuno nel suo film, a cominciare dagli amministratori pubblici: lo sceriffo è un personaggio rozzo e inetto, incarnazione dell’ottusità allo stato puro, mentre il sindaco è un vanitoso politico di lungo corso preoccupato solo della sua rielezione e che, nella sua spregiudicatezza, spera di trarre profitto anche da una bella impiccagione collocata strategicamente alla vigilia delle elezioni. Lo slogan preferito del rude sceriffo Hartman, che vede ovunque minacciosi bolscevichi, è “Reform the Reds with a Rope!” (più o meno: “I Rossi vanno trattati con il capestro”), mentre il sindaco, pure lui alquanto sbrigativo, invita a più riprese le forze di polizia a “sparare a vista”... Insomma, abbiamo a che fare con una coppia ben assortita di Tutori dell’Ordine, due tragicomiche incarnazioni del Potere. Paradossalmente, il personaggio più positivo del film è una figura che si colloca ai margini della società: la prostituta Molly, che in una scena di grande effetto esprime tutto il suo disprezzo per i giornalisti privi di umanità.

Insomma ritroviamo in questo film lo sguardo caustico e corrosivo tipico di Wilder che mette alla berlina la società americana, a cominciare dal potere politico-giudiziario, mostrando pero’ anche il ruolo ambiguo assunto dai mass-media, che non esitano talora a plasmare e a manipolare la realtà a loro piacimento per aumentare l’impatto delle notizie presso il pubblico. Questo tema, Wilder l’aveva già magistralmente trattato in un film precedente, L’Asso nella manica (1951), film teso e drammatico, nel quale già appariva una figura di giornalista totalmente privo di scrupoli, interpretato da Kirk Douglas.

Þ Curiosità.

 Come è capitato a molti autori comici (compreso Molière), anche a Billy Wilder fu rimproverato di scadere talora nella volgarità. Questa fu la sua arguta risposta ai detrattori, riportata nell’esilarante “Petit Dictionnaire wilderien” apparso sul numero 127 della rivista francese Positif: “I critici non mi rimproverano la volgarità della mia arte, ma la mancanza d’arte della mia volgarità. Mi hanno perseguitato per anni con questa parola: volgarità. Stanno al cinema, si tengono la pancia dal ridere e all’uscita dicono. “Volgare!”.

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Primi dieci minuti de Prima Pagina (1974) - di Billy Wilder © YouTube

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